
The Blair Witch Project: quel tuffo nel buio di una selva oscura
Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura. Curioso destino, quello di The Blair Witch Project, diviso tra chi lo reputa una “genialata” e chi una banale “fuffa”; anche se, tuttavia, ciò che conta alla fine rimane l’impressione che ha fatto e che fa su chiunque lo guardi.
Non si puo negare, in ogni caso, la genialità (o furbizia estrema) con cui fu lanciato e pubblicizzato. Per chi scrive, questo piccolo docu-film ha fatto centro. E, a modo suo, fa paura.
Non si tratta tanto di far paragoni forse impietosi con pietre miliari del cinema horror, ma di considerare questo piccolo ma apparentemente innocuo viaggio nella selva oscura come un’immersione nelle nostre paure piu radicate, piu ataviche. Le componenti ci sono tutte: un luogo sinistro, nel Maryland, in cui aleggia una paurosa leggenda che divide chi ci crede e chi no, chi forse sa e chi non sa, episodi di bambini scomparsi, tre ragazzi (troppo) curiosi, un bosco, la strega… Ma, soprattutto, l’aura di realismo intriso di storia vera di cui è ammantato. Ingredienti forse troppo scontati e banali per risultare intriganti?O banali e scontati ma intriganti al punto da poter far rabbrividire, si.
L’uomo ha da sempre paura del bosco, e non è banale. Il bosco è l’ignoto, la paura di smarrire il sentiero. E poi c’è la notte con la quale fare i conti, con le sue voci e i suoi incubi. Provare a immaginarselo è la chiave giusta. Chi non avrebbe paura, o solo timore, a infilarsi in un bosco sconosciuto con la malsana curiosità di scoprire se è vero che in quel luogo si cela qualcosa di malefico come leggenda o presunta verità vogliono?
Neppure quei tre ragazzotti con le telecamere, la tenda da campo e troppa curiosita ne sono indenni. E si insinuano i brividi quando durante la notte si avvertono rumori sinistri, una raggelante lontane presenza e risata. E l’ormai certezza di essere dove non si dovrebbe essere.
Con cosa hanno a che fare? Con chi? Ci si imbatte in sinistri simboli di sassi e pezzi di legno, si gira a vuoto nel nulla senza una cartina ormai perduta e con una bussola che sembra impazzita e che ti fa tornare dov’eri già stato. La diritta via è ormai smarrita. E il panico aumenta inesorabile. Le voci diventano presenze fisiche che scuotono la tenda di notte, il panico diventa terrore quando uno dei ragazzi scompare nell’incubo della notte.
Suggestione? No, è qualcosa che si doveva lasciar stare tra quei boschi. Il finale è quel che è, riuscito o meno. È come ci si arriva che fa la differenza. È un’intrusione nell’ignoto piu perturbante. Cosa che nessuno farebbe, ma che quei tre ragazzi osano fare. Senza lasciare piu traccia.
Recensione a cura di Enrico Rolli

