
Black Phone: il rapace che vegliava sui bambini cattivi
Una piccola cittadina della provincia americana. Un gruppo di bambini che iniziano a sparire nel nulla, uno dopo l’altro. Un telefono nero. Sono queste le premesse di Black Phone, horror e favola nera sui turbamenti dell’infanzia.
Scott Derrickson, regista di Black Phone, non è di certo nuovo alle atmosfere rarefatte e inquietanti: i suoi The Exorcism of Emily Rose e Sinister ci hanno tenuto svegli per diverse notti. Questa volta, il regista ha deciso di raccontare il terrore attraverso gli occhi dei bambini. Una formula che richiama in primis ad IT di Stephen King, e che il regista dichiara apertamente a cominciare dai simbolici palloncini neri di cui si circonda “Il Rapace”.
Il Rapace, un inquietante serial killer che rapisce i bambini interpretato da un inedito Ethan Hawke, ma in primis uno “spauracchio” per i bambini che vivono in questo ambiente sub-urbano, un “bau bau” che sembra uscito da una leggenda metropolitana che porta via i bambini cattivi.
Ed è proprio sul contrasto tra la sospensione dell’incredulità tipica della fiaba nera e la dura violenza della realtà, che gioca Black Phone. Il Rapace è reale, ma la sua figura ha qualcosa di mitologico. La stanza in cui i bambini vengono chiusi è reale, ma un sinistro telefono nero li mette in contatto con l’aldilà. Ci sono i sogni, e poi ci sono gli incubi di un padre che picchia i propri figli con la cintura.
Allora, ecco che “il Rapace” di Scott Derrickson diviene una sorta di “Angelo protettore”, una proiezione dell’inconscio di ragazzini tormentati e perduti in un mondo fatto di rabbia e violenza, in cui fin da piccoli bisogna imparare a difendersi da soli.
Ed è per questo motivo, che Il Rapace invita i bambini che rapisce a fare il gioco del “bambino cattivo”. Solamente affrontando le proprie paure e trovando il coraggio di reagire, è possibile sfuggire agli artigli male.
In questa chiave, Black Phone si colloca come un horror che vuole raccontare i terrori che possono minacciare l’innocenza dell’infanzia, e la possibilità di uscirne fuori trovando da soli la forza di reagire. Un appello sinistro ma potente a tutti i ragazzini che tra le mura domestiche trovano la paura. Un monito a reagire, affrontando quel rapace che minaccia di uccidere la loro infanzia.

