
Run: quando l’amore di una madre può ucciderti
Diane è una madre amorevole, che accudisce con tenerezza e devozione sua figlia Chloe, ormai adolescente e pronta a spiccare il volo verso il college, per iniziare una nuova vita nonostante le difficoltà. Purtroppo, in Run le cose non sono quelle che sembrano…
Impossibile non pensare a Misery non deve morire, vedendo il thriller psicologico Run, attualmente nelle sale italiane distribuito da Lucky Red. L’intera pellicola è un dichiarato omaggio al Capolavoro di Stephen King, da cui eredita la struttura narrativa generale interpretandola da un nuovo punto di vista: quello di una madre.
Le prime sequenze di Run ci offrono uno spaccato idilliaco di una vita domestica segnata dalla disabilità di Chloe che ha origini nel giorno della sua nascita; un evento traumatico che ha rafforzato il legame simbiotico tra una madre e sua figlia, bisognosa di cure e di attenzioni costanti.
Il sospetto che qualcosa non vada nel comportamento di sua madre (una straordinaria Sarah Paulson) inizia ad insidiarsi nella mente di Chloe in seguito ad un piccolo dettaglio, un insignificante attimo nelle giornate di routine quotidiana che si susseguono placide nella vita delle due donne che crea una frattura nella mente di Chloe. Sua madre nasconde qualcosa di sinistro.
Da quel momento in poi il film è un crescendo di tensione che ricalca il viaggio nel baratro della follia di Annie Wilkes in Misery, e che sequenza dopo sequenza ci conduce in un disturbo ossessivo compulsivo che una volta svelato può portare alle azioni più sadiche, mosso da un amore perverso e naturalmente deviato.
A differenza di Annie Wilkes, Diane ricerca in quella condizione di prigionia a cui costringe la figlia l’affermazione di un amore materno che le è stato negato, proiettando in lei l’immagine di una madre amorevole che accudisce per sempre una figlia malata.
Chloe non rappresenta per Diane l’assassina di un personaggio immaginario come nel libro di Stephen King, ma la proiezione di una maternità che le è stata strappata via: una vita immaginaria che la donna tenta di replicare con maniacale precisione, tenendo sua figlia in un perenne stato di bisogno e dipendenza.
Persino l’astuto escamotage di Chloe in una delle scene finali di Run, è un chiaro omaggio a Misery. Se Paul Sheldon si libera da Annie Wilkes sacrificando l’eroina immaginaria di cui la donna è compulsivamente ossessionata, Chloe capisce che sacrificare se stessa sarà l’unico modo per fuggire dalla morsa mortale di sua madre.
Run è un thriller psicologico ad alta tensione con numerosi livelli di lettura, che scava alle origini dei meccanismi psicologici di quella Sindrome di Stoccolma che può insidiarsi nei rapporti tra genitori e figli, soprattutto in caso di disabilità.
Una strada pericolosa che ha origine sempre dal trauma di una perdita o da un cordone ombelicale mai reciso, e che in alcuni casi può tramutarsi in un pericoloso delirio.

