
Tre manifesti a Ebbing, Missouri: la vecchia legge del West di chi non ha più nulla da perdere
Cosa sei pronta a perdere, se la vita ti ha strappato via tutto? Cosa sei disposta a fare, se un criminale ha stuprato e ammazzato tua figlia? Sei disposta a perdere tutto, perché non hai più nulla. Sei in grado di commettere qualsiasi gesto, perchè i principi morali sono caduti. Da questa premessa parte Tre Manifesti a Ebbing, Missouri.
Il film di Martin McDonagh ruota attorno al personaggio di Mildred Hayes, ruolo che nel 2018 valse un Oscar come Miglior attrice protagonista ad una immensa Frances McDormand.
In seguito al brutale omicidio di sua figlia, Mildred vive in una realtà dove vige la legge del Far-West: attraverso un gesto provocatorio, ovvero quello di sbattere in faccia alla polizia il suo dolore con i tre manifesti, Hayes trasforma l’intera comunità di Ebbing in un Far-West, mossa dalla furia di trovare il colpevole del suo inconsolabile dolore.
Mildred è la miccia, il pistolero solitario che innesca la guerra con le forze dell’ordine di Ebbing, dando seguito a sua insaputa ad una escalation di violenza e di redenzione che vede ogni personaggio confrontarsi con la propria coscienza.
Da dove scaturisce la rabbia che rende ciechi gli uomini? Questa Dark Comedy capace di commuovere e di far ridere contemporaneamente per tutta la durata della pellicola è una ballata sugli istinti più primordiali degli uomini, creature complesse che alternano indicibile violenza a struggente compassione.
Dove nasce la rabbia, e dove si canalizza? Scaturisce dal vuoto e dal senso di colpa di una perdita incommensurabile per Mildred, dal pregiudizio e da un’omosessualità latente per l’agente Jason Dixon, interpretato da un altrettanto incredibile Sam Rockwell. La rabbia, da qualunque luogo provenga, si trasforma in violenza e rende gli uomini ciechi e capaci di qualsiasi gesto efferato, come dar fuoco ad una stazione di polizia o pestare a sangue un innocente.
Ed è proprio sul duello a sangue freddo tra Mildred e Dixon, che Tre manifesti a Ebbing esprime tutta la sua energia vitale. Con la stessa potenza con cui il dolore si trasforma in odio, i sentimenti degli uomini si ribaltano e possono trovare il perdono, la redenzione. Anche verso i propri aguzzini, a volte, come nel caso del pestaggio del ragazzo commesso da Dixon.
La rabbia genera solo altra rabbia, è la frase che il marito di Mildred le rivolge; e persino la rabbia inconsolabile di Mildred trova uno spiraglio di pace, grazie alle lettere di un uomo che si uccide pur amando la vita. Il personaggio di Bill Willoughby è la voce che affonda nelle coscienze dei protagonisti, e che li induce a fare pace con il proprio dolore, seppur inconsolabile.
Per Martin McDonagh, domare gli istinti primordiali non significa mettere da parte la giustizia privata verso coloro che hanno recato inaudite violenze a chi pensavamo di proteggere.
La scena finale del film, con Dixon e Mildred che imbracciano un fucile e si dirigono con l’automobile verso la casa di uno stupratore per ucciderlo, chiede allo spettatore di interrogarsi su questo equilibrio tra istinto e ragione, perdono e vendetta.
Cosa faresti, se ti strappassero via chi ami? Cosa saresti disposto a fare per ottenere giustizia? Saresti disposto ad uccidere? Questo ci chiede Tre Manifesti a Ebbing, e di fronte alla complessità dell’animo umano la risposta è nella coscienza di ognuno di noi.

