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Dumbo: l’elefantino che volò oltre i nostri pregiudizi

Dumbo nasce per essere diverso dagli altri. Dopo i flop al botteghino di Fantasia e Pinocchio (assurdo ma vero) Walt Disney scovó questo elefantino con le orecchie più grandi del normale in un fogliettino illustrativo di un giocattolo per bambini.

Fu subito amore, e decise di realizzare un lungometraggio. Non dovendosi concentrare sui dettagli per via del budget più basso, gli animatori si concentrarono sulla recitazione dei personaggi. E presero vita quegli occhi.  Quando Dumbo guarda sua madre chiusa in una gabbia del circo e allunga la proboscide per lasciarsi cullare, il cuore si frantuma in mille pezzi.

Dumbo lascia in chiunque lo guardi ad ogni età della vita una “frattura”, come Alice nel Paese delle Meraviglie o Bambi. Questa triade dei Classici Disney va a toccare un livello emotivo che è oltre l’empatia, ed è la compassione.

Il film affronta una tematica difficile: l’accettazione del diverso, del bimbo che arriva in ritardo rispetto agli altri, e di tutto ciò che questo comporta.

Quando le altre elefantesse vedono le orecchie di Dumbo e prendono in giro questo piccolo elefantino diverso, i bambini si interrogano sul tema, le mamme su loro stesse. Difficile non giudicare, difficile non sentirsi fortunate per la “normalità” del proprio figlio. Quando Dumbo vola sulle teste di tutti noi, trasformando la sua diversità in una forza, capiamo che siamo così piccoli di fronte alla varietà delle forme del creato, e così inclini al giudizio.

Dumbo i clown
I Clown in Dumbo. Forse siamo noi?

Siamo nel 1941, e Dumbo apre le porte ad un tema che ancora oggi ha bisogno di essere sostenuto ogni giorno: diversamente abile non significa manchevole di qualcosa. Gli elefanti rosa che Dumbo vede nella delirante scena del film siamo noi, convinti di essere “normali”, ma solo perché all’esterno sembriamo dello stesso colore.

Quanto è distorta, invece, la nostra forma interiore? Questa è la domanda che pone Dumbo, l’elefantino volante

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