La Dolce Vita
Drammatici,  Recensioni

La Dolce Vita: il gusto amaro di un tempo perduto

Ci sono pellicole che non si accontentano di raccontare storie, ma aspirano a trasformare le immagini in sogni, offrendo al mondo intero una proiezione dei propri desideri, come avviene con le opere dei poeti o dei pittori.

La Dolce Vita di Federico Fellini ha regalato al mondo il sogno di Roma, tanto da ispirare registi nelle generazioni future a fare lo stesso con Manhattan (Woody Allen), Tokyo (Lost in Translation), Los Angeles (Tarantino), e via dicendo.

Della città di Roma, il Cinema con Fellini imparó a raccontare la sua Decadenza, quello spazio vuoto tra l’euforico incantesimo della sua bellezza e la disperata solitudine del suo continuo mutare, strappandoti via i ricordi.

La Dolce Vita di Roma ha il retrogusto amaro di un tempo perduto, per il protagonista Marcello, che danza in questa prigione dorata fatta di feste, incontri notturni e piaceri effimeri. Disfatto da questo mondo roboante della mondanità, Marcello cerca di riempire un vuoto interiore a cui non riesce più a dare significato, e ricerca se stesso all’interno dello stesso mondo che può offrirgli solamente vane illusioni.

In questo luogo della vanità, Marcello cerca risposte nella stregoneria di un Miracolo, o in una Madonna proveniente da un altro mondo: Sylvia, stella del Cinema Americano.

La sequenza del bagno nella Fontana di Trevi é diventata la scena più celebre della storia del Cinema forse perché é il Cinema stesso, un mezzo che attraverso le immagini ci ricongiunge al nostro desiderio di tornare bambini, battezzati da una madre e ricongiunti a una purezza che non conosce dolore, o solitudine. Lasciarsi andare al richiamo di questa sirena e lasciarsi guidare da lei nelle acque é forse l’unico momento del film in cui Marcello trova una pace interiore, dimenticando per una notte i suoi tormenti.

Potremmo stare ore ad affrontare le tematiche che la Dolce Vita porta alla luce, o ad analizzarne le innovazioni da un punto di vista registico che hanno ispirato ogni autore negli anni a venire, ma ció che rende un film immortale é sempre la sua capacità di meravigliare chiunque attraverso le immagini.

Il viaggio interiore di Marcello non ha una fine, perché le grandi domande della vita non hanno mai una sola risposta. Ma quel sogno di un bagno nella fontana con una Dea di un tempo antico riecheggia nella nostra memoria, come uno sprazzo di felicità che da solo dona senso al nostro vivere.

Questa é la potenza del Cinema, e questa inafferrabile illusione che potremo rivivere in eterno attraverso il film di Fellini senza mai possederla davvero forse é la potenza de La Dolce Vita 

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