
Ultrà: quando il Pulp all’italiana raccontava il branco
C’è una scena in Ultrà che simboleggia in maniera molto incisiva il rapporto di alcuni uomini con il calcio. È quando Principe (Claudio Amendola) si benda gli occhi durante il viaggio in treno per la trasferta della Roma. Fuori dal convoglio fermo in piena campagna, un gruppetto di tifosi ammazza il tempo tirando due calci al pallone.
Il film di Ricky Tognazzi offre uno spaccato della violenza delle tifoserie, oggi attuale più che mai. Il film, aspramente condannato all’epoca dagli Ultras, rientra in quel filone pulp all’italiana che a cavallo tra gli ottanta e i novanta ci ha regalato pellicole come Mery per Sempre, ragazzi fuori, la piovra.
È una storia di periferie, di branco, del sistema calcistico come valvola di sfogo della propria rabbia contro la società. Quando non si ha più nulla da perdere, essere leader e vincere una battaglia in uno stadio rappresenta una fede.
Il film fu girato a Roma in piena estate, durante i mondiali di calcio del 1990. Gli scandali di calciopoli erano ancora lontani, ma i tifosi accaniti percepivano già le logiche infami del mercato calcistico italiano. Quella rabbia di Principe era figlia dei suoi errori, ma quello che già accadeva all’epoca nel mondo del calcio era un tradimento verso le tifoserie che andava ad intaccare quel patto di fede tra il tifoso e la squadra.
Chissà se oggi Principe avrebbe ancora alzato i suoi pugni nella curva Sud, o se avrebbe lasciato lo stadio per non tornarci più.

