
IT, capitolo uno: io sono Pennywise, il ventre oscuro della vostra città
E’ difficile recensire una trasposizione cinematografica di IT quando tu stesso, nel lontano 1989, eri un membro della Banda dei Perdenti. Quando sfogliando quelle pagine in un caldo pomeriggio estivo scendevi nei Barrens insieme a Bill, Eddie e Ben per costruire una diga, o incrociavi una ragazza dai capelli rossi di nome Beverly Marsh tra le strade di Derry.
Una ragazza speciale, che sapeva far roteare lo Yo-Yo come nessun altro. Parte di quello che accadeva a Derry erano i tuoi undici anni, e le loro paure erano le tue paure. Anche tu, nel bel mezzo dei tuoi undici anni, avevi un Pennywise a cui dare forma.
Questa universalità ha elevato il romanzo di Stephen King a Grande Classico della letteratura americana.In IT di Andy Muschietti molte cose sono cambiate. Consapevole dell’impossibilità di trasporre in linguaggio audiovisivo un’opera che trae forza da un’esperienza letteraria senza precedenti, Muschietti approccia alla storia in modo molto diverso dalla mini-serie per la tv del 1990. Invece di raccontare in modo didascalico i principali avvenimenti del romanzo, capitolo dopo capitolo, fa un importante lavoro di riscrittura.
Dopo un incipit incredibilmente fedele al romanzo (l’incontro tra Georgie e Pennywise), la storia cambia, tenendo però al sicuro il pilastro che la sostiene: il conflitto continuo tra un indicibile terrore e uno struggente amore. Da IT, Andy Muschietti prende il legame misterioso che unisce questi insoliti ragazzini, li trasporta in un’altra decade e costruisce la sua personale visione della battaglia contro il male. Poco importa che non costruiamo nessuna diga nei Barrens, o che non entriamo nel Cinema Aladdin con la Banda dei Perdenti a tirare pop-corn sulla testa di Henry Bowers, o che non vediamo Bill correre come un fulmine sulla sua bici d’argento al grido di “Ayoh Silver!”.
Nella sintesi cinematografica di Andy Muschietti, il legame potente tra i ragazzini della Banda passa attraverso gli sguardi, gli abbracci e gli scherzi. E quell’estate struggente, sospesa tra sogno e incubo, prende forma. Diversa, ma non meno intensa di quella dipinta da Stephen King.
Anche il Pennywise di Bill Skarsgard è una creatura molto diversa da quella impersonata nel 1990 da Tim Curry. Dietro la maschera di Pennywise, di uno Zombie o di un qualsiasi altro incubo partorito dalla psiche di un bambino, c’è IT.
Ed IT è una bestia feroce, un predatore carnivoro che si nutre della paura per ammorbidire le carni dei bambini.
Skarsgard sembra concentrarsi su questa natura primitiva e animalesca di IT, dando forma ad un Pennywise imprevedibile e mutevole. Le sue maschere sono come le capacità mimetiche di un rettile, abilità di caccia per trascinare prede nella sua tana. Esso è sempre diverso, perché diversa è la forma che il nostro inconscio conferisce alle paure.
Non vi è intelligenza, senso dell’umorismo o strategia in Pennywise, ma vi sono l’istinto e la ferocia di una creatura antropomorfa.
Chiunque conosca l’opera di King, sa bene che il vero volto di IT è la città di Derry. Come una madre, Derry cova nel suo ventre la creatura che da secoli si nutre dell’ipocrisia e della crudeltà che pervade la città e i suoi abitanti. Il film di Muschietti ci offre solo un assaggio della forza malvagia di Derry, e ci conduce nei meandri della città attraverso lo sguardo dei ragazzi.
Henry Bowers, la madre di Eddie o il padre di Bev, sono l’incarnazione di Derry, gli alleati di Pennywise che nutrono questa creatura delle fogne attraverso la loro pericolosa stupidità.
Muschietti ci racconta l’anima di Derry attraverso i suoi abitanti. Laddove si annida il vero mostro che sbrana i sogni dei bambini.


8 commenti
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