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Horror,  Recensioni

Scream, il cult metacinematografico

Scream è un curioso esperimento di meta-cinema, tanto da averlo reso negli anni un piccolo cult degno di grande attenzione. Era il 1996, e dopo un decennio di grande gloria (i magnifici e truculenti anni ‘80 di Jason e di Freddy), il cinema horror si era arenato, o meglio, adagiato sulle sue “regole”. Quello che fece Wes Craven con Scream fu scuoiarlo dall’interno, un po’ come avrebbe fatto il suo Freddy Krueger!

A partire dalla campagna pubblicitaria (non urlare! Non rispondere al telefono!) Scream dichiara le regole base dell’horror di genere slasher, un po’ come si svelano i trucchi di un prestigiatore. Svelandole, le annulla, e scuote nelle fondamenta il genere, aprendo nuove possibilità narrative che sembravano sopite.

Se guardate agli horror prima e dopo il 96, vedrete che Scream ha creato uno spartiacque: non che i teen horror siano spariti, ma semplicemente Wes Craven ha ridato dignità al genere ricordando a tutti che come ogni altro genere cinematografico vi è bisogno di innovazione. Non è poco a livello di storia del cinema, quello che ha fatto Craven. Ghost Face, con la sua maschera da urlo di Munch, rappresenta un cinema horror basato sull’urlo, che reclama nuovi volti del terrore.

Peccato che gli anni 2000 non abbiamo imparato del tutto la lezione di Scream, e si siano riversati sui remake di remake di grandi film horror che non avevano affatto bisogno di remake. Peccato anche che Wes Craven ci abbia lasciato, perché sicuramente come a suo solito avrebbe lasciato il segno anche oggi.