
Lo Squalo: quando la Paura sbrana il botteghino
Ci vorrebbe un film solo per elencare le innumerevoli innovazioni apportate da Steven Spielberg al linguaggio del Cinema con Lo Squalo, dalle riprese in soggettiva del “mostro” alla diabolica musichetta che presagiva l’avvicinamento dell’enorme Squalo Bianco. La cosa divertente è che tutta la tensione del film è nata da un motivo molto pratico: un budget troppo basso per potersi permettere effetti speciali mirabolanti, e quindi la necessità di dilatare l’apparizione della creatura sul grande schermo. Il genio creativo di Spielberg ha trasformato questa parabola di attesa in uno dei più efficaci meccanismi della suspanse, tanto che la ritroveremo in molti film del regista.
Chi di voi ricorda quanto batteva forte il cuore in sala nell’attesa dell’arrivo del T-Rex in Jurassic Park? Lo Squalo è un film epico, nel vero senso della parola. Le sue origini vanno ricercare in quella estenuante lotta tra il Capitano Acab e la sua Moby Dick, mostro che da animale si trasforma in Angelo Vendicatore dei nostri peccati.
Quando ci troviamo a bordo della bagnarola di Quint insieme a Brody, e ascoltiamo la storia dell’attacco degli squali durante la corazzata indianapolis, impossibile non sentire un brivido correre lungo la schiena. Tutto quello che vediamo accadere nei primi 70 minuti del film, è l’incipit della battaglia finale tra l’uomo e la natura selvaggia, incarnata dal famelico squalo bianco.
La Paura domina il film di Spielberg, e la domanda che Lo Squalo ci pone è: la paura può essere domata? Possiamo vincere contro le nostre paure che ci mordono fameliche quando meno ce lo aspettiamo?
Lo Squalo terrorizza ancora oggi milioni di persone, a dimostrazione che la domanda di Spielberg non ha ancora una risposta

