
Cape Fear: il lato dantesco di Martin Scorsese
Cape Fear, un cocktail micidiale di talenti: Scorsese alla regia, Robert De Niro come villain, Nick Nolte, Jessica Lange e Juliette Lewis nei ruoli della famiglia fintamente felice che cova rancori e torbidi segreti. Da questo mix non poteva che uscirne un thriller da antologia.
Ciò che caratterizza questa pellicola è un’escalation di tensione calibrata come una sinfonia che va verso la tragedia, dove ogni tassello si posa davanti l’altro per lastricare la strada del protagonista e dello spettatore di paranoia. Un incredibile Robert De Niro tratteggia un personaggio apparentemente pacato e tranquillo, che trasuda però follia e pericolo dalle pupille e dai denti del suo sorriso sornione.
Max Cady progetta la sua vendetta con la calma di un torturatore, e inizia a perseguitare l’avvocato Sam Bodwen distruggendo ogni aspetto della sua vita privata e professionale: la sua fiducia nella legge, la sua relazione coniugale, i suoi segreti. Fino ad arrivare al boccone più saporito dell’anima di Sam: sua figlia. Quando Max inizia a mettere gli occhi sulla ragazza seducendola come insegnante di teatro, il film ci scaraventa nel baratro della paura. ù
Max diventa una figura quasi dantesca, un angelo del Male venuto sulla Terra per far espiare ogni colpa al povero avvocato. Una figura biblica e mitologica allo stesso tempo, pronta a violentare tutto ciò che appartiene al peccatore. Non dimenticheremo mai la scena finale, con quest’uomo che canticchia mentre la sua faccia si perde tra le acque.

